GLI ALBERI SONO LA VERSIONE MIGLIORE DI NOI
L’albero è un patrimonio dell’umanità non solo per la sua funzione ecositemica e la sua importanza per la vita del pieneta, ma anche per il suo valore simbolico. Un tempo gli alberi erano considerati espressione del divino e a ogni albero erano attribuite funzioni particolari. L’albero è presente in quasi tutte le culture, religioni, miti e leggende popolari.
Gli alberi siamo noi, tutti simili ma differenti, sono la nostra storia e fanno parte delle nostre tradizioni. Viene facile quando si è davanti un particolare albero attriburgli una sorta di personificazione, è come se si percepisse il suo carattere, maestoso e solenne, schivo, intrigante, sfacciato e ironico, solitario. Spesso capita che in un bosco, dove di alberi ce ne sono tanti, l’occhio cada proprio su di uno in particolare, che per un qualche motivo ci colpisce e lo osserviamo magari non a lungo ma con intensità.
Talvolta, un albero umanizza un paesaggio meglio di quanto farebbe un uomo.
(Gilbert Cesbron)
Gli alberi sono la versione migliore di noi, cooperano tra loro, sanno adattarsi e affrontare le avversità, si aiutano tra loro, non sono razzisti e non hanno pregiudizi. A conferma di ciò sono molti gli studi che sono stati svolti e che ad oggi vengono portati avanti per decrifrare come essi comunicano tra loro e come si comportano singolarmente e in comunità.
Stefano Mancuso, scienziato di prestigio mondiale, professore all’Università di Firenze, dirige il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (LINV) è autore di libri, volumi scientifici e di centinaia di pubblicazioni. Da tempo Mancuso sostiene che le piante siano intelligenti. La natura invisibile, silenziosa e apparentemente immobile delle piante se osservata al microscopio elettronico ci svela un universo di fantastica perfezione. Mentre il genere umano muove ancora i primi passi in un mondo dove ogni cosa è connessa, le piante hanno sviluppato un’intelligenza di rete, distribuita e senza un centro di comando per interagire con l’ambiente che le circonda. E lo fanno da qualche miliardo di anni, da quando cioè i primi organismi unicellulari cominciarono attraverso la fotosintesi a trasformare la luce del Sole in energia chimica. Sembrebbe anche che le piante non dimenticano e che apprendano. La sensitiva (Mimosa pudica) chiude le foglioline quando si sente minacciata. Se viene ripetutamente sottoposta allo stesso stimolo, però, ad un certo punto capisce che non c’è nulla da temere e non lo fa più. A distanza di un mese, sottoponendola di nuovo a quello stimolo, non chiuderà le foglie. Quindi è in grado di ricordare. Mancuso, inoltre, è convinto che le piante possano vedere: questo spiegherebbe perché la boquilla (Boquilla trifoliata) riesca a mimetizzarsi imitando colore, forma e dimensioni delle foglie della pianta più vicina, proprio come farebbe un camaleonte. Le piante, gli alberi sono esseri sorprendenti è indiscutibile e non servono particlori studi scientifici percomprendere che ci danno benessere, senza chiedere nulla in cambio.
“Noi pensiamo di essere quelli che maggiormente si prendono cura dei propri cuccioli… Si è mai chiesta come fa un seme nella giungla nera a vivere nel sottobosco fino a quando non arriva all’altezza dove può prendere la luce? Ci pensano le piante affini, le piante del clan”.
(Stefano Mancuso)
Per la loro unicità gli alberi rappresentano un memoriale speciale, vivente, ricco di significato e in continua evoluzione. La Cooperativa Boschi Vivi ha realizzato per la prima volta in Italia, nell’entroterra ligure, un bosco commemorativo, dove il ricordo dei cari defunti è affidato agli alberi.
Essere ricordati tramite un albero può aprire ad una nuova concezione del lutto. Crediamo che gli alberi e la natura ci possano aiutare ad affrontare la perdita di un caro ed a onorare il suo ricordo in modo profondo e sereno.